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Lettura vocazionale del Vangelo domenicale

 Un Re dell’Universo? Proprio così! Gesù Cristo si propone come l’unico che possa assumere in sé con piena verità questa “carica” che in tutta la sua valenza di custode del suo popolo, buon pastore del gregge, implica il dono e il servizio espresso con tutta la vita, al fine di aiutarci a scegliere e di portarci su strade di bene. il suo essere Re non ha niente a che fare con l’uso dispotico del potere. Gesù Re dell’Universo è tale perché annuncia e porta all’esistenza quel Regno che è atteso anche oggi da ognuno di noi: un regno di pace e di giustizia, un regno di gioia costruito sulla riuscita evangelica della vita di ciascuno. La sua sovranità così intesa è la buona notizia che Egli, quale custode premuroso, chiama ciascuno a realizzare un pezzetto del suo sogno regale, anche senza avere sempre del tutto la consapevolezza di quanto, di dove e come; il Regno è “Suo”, ciascuno vi partecipa e vi collabora stando al proprio posto. 

La cosa sorprendente è che egli non comanda dall’alto di un trono, ma, al contrario, nascondendosi in tutte quelle situazioni di povertà, o fallimento della vita, o di mancata giustizia, che ci interpellano e ci chiedono di fare qualcosa, di dare una mano in prima persona, di servire come ha fatto Lui, il Re.

In questo non ci si inventa suoi servi da soli, non si è battezzati per caso, quasi accidentalmente né per se stessi. Tutte le fatiche nel cammino della vita che ci fanno diventare uomini e donne di fede come pure la crescita di ogni virtù umana e cristiana sono momenti necessari di un cammino di avvicinamento al Signore. Un cammino che si compie assieme agli altri, ciascuno con il proprio compito: è l’esperienza plurisecolare della chiesa dove, nella molteplicità delle vocazioni, si delineano la varietà dei servizi. Non è casuale che questa solennità interpelli oggi la nostra chiesa diocesana alla preghiera e al sostegno del nostro Seminario: è il luogo dove si educano i ragazzi e i giovani a questa varietà di doni della chiesa in vista di essere servi del Re come presbiteri, cioè preti. I presbiteri sono tassello umile ed essenziale per costruire un regno dove Dio sia tutto in tutti.

 

Preghiera per le vocazioni e per il seminario

Signore Gesù,
che un giorno hai chiamato i primi discepoli
per farne pescatori di uomini,
continua a far risuonare anche oggi,
nel cuore di tanti ragazzi e giovani,
il tuo dolce invito: “Vieni e seguimi!”.
Fa’ che siano numerosi
coloro che rispondono con prontezza alla tua chiamata
e si orientano con fi ducia sulla via del sacerdozio.
Ti preghiamo per il nostro Seminario
e per i seminaristi che in esso
maturano la propria vocazione.
Suscita in loro un animo generoso
e un desiderio ardente
di dedicarsi al servizio di Dio e dei fratelli.
Dona loro la grazia di perseverare nella via intrapresa
e sostienili, con il tuo aiuto, nei momenti di prova
e di fatica che incontrano nel loro cammino.
Guida gli educatori
con i doni del tuo Spirito di sapienza e di santità,
perché siano testimoni e maestri secondo il tuo vangelo.
Vergine Maria, regina degli apostoli
e madre dei sacerdoti,
accompagna con la tua preghiera i nostri seminaristi,
perché corrispondano, senza paura,
alla vocazione donata loro da Gesù.
Fa’ che possano pronunciare
con gioia e fi ducia il loro “Eccomi!”
sostenuti dal tuo esempio
e dalla tua materna intercessione.
Amen.

                  + Corrado, vescovo

Vivi per amore non per talento
(Mt 25, 14-30)

Sia ben chiaro da subito: nel Vangelo in genere e in questa pagina in particolare non funziona la nostra mentalità di calcolo dei profitti e dei ricavi. I talenti non contano per prendere parte alla gioia del Signore! Infatti prende parte alla sua gioia solo chi ama con coraggio e scopre che nel dono impegnato di se stesso partecipa già alla grandezza dell’amore di Dio: questa è la ricompensa.

Purtroppo però, la paura ci gioca brutti scherzi e ci porta a trasformare nel cuore e nei pensieri il volto del Signore. Non lo riconosciamo più affidabile e generoso, ma ci diventa un padrone esigente e spietato, pronto a punire e a richiedere di più di quello che ci ha dato.
Questa paura ci blocca! A causa di essa cambiamo un progetto costruttivo, anche se impegnativo, in una “uscita di sicurezza”. Così la vita, dono che acquisisce valore inestimabile ad ogni sì detto con generosità e disponibilità al Padre, diventa un capitale sentito come nostra esclusiva proprietà, un bene privato da proteggere ad ogni costo contro di lui e contro le sue chiamate. In tal modo ciò che ci viene affidato secondo le nostre capacità diventa un “peso”, una palla al piede che ci limita e ci allontana, già nel cuore, da quella bontà del Signore, il quale mette alla prova chi vuole chiamare figlio e amico. Un dono e una responsabilità che il servo pigro e pauroso rifiuta a causa della sua poca fede.

Ma c’è un antidoto: fidarsi di colui che ci chiama perché ci ama da sempre. La questione delle scelte per cui vivere si risolve nella qualità e grandezza della nostra fede ovvero nella capacità di credere all’amore di Dio per noi. Solo questo può vincere ogni paura. Solo l’uomo che gusta l’amore misericordioso di Dio, supera la paura di fallire e riesce ad amare e a lasciarsi amare per quello che è e non per il talento che ha.

 

VOCAZIONE

Vocazione è la parola
che dovresti amare di più
perché è il segno
di quanto tu sia importante
agli occhi di Dio.
È l'indice di gradimento presso di Lui,
della tua fragile vita.
Si, perché se ti chiama,
vuol dire che ti ama.
Gli stai a cuore, non c'è dubbio.
In una turba sterminata di gente
risuona un nome: il tuo!
A te non ci aveva pensato nessuno.
Lui si!
Davanti ai microfoni della storia,
ti affida un compito su misura per Lui!
Si, per Lui, non per te.
Più che una “missione”
sembra una “scommessa”.
Una scommessa sulla tua povertà.
Ha scritto “ti amo” sulla roccia,
non sulla sabbia
come nelle vecchie canzoni.
E accanto ci ha messo il tuo nome.
Forse l'ha sognato di notte,
nella tua notte. Alleluia!
Puoi dire a tutti:
non si è vergognato di me!

Don Tonino Bello

Cambio destinazione d'uso

La dedicazione della basilica lateranense a Roma nel IV secolo d.C. è stata una sorta di cambio di destinazione d'uso di quello che era il palazzo imperiale di Costantino: da quel momento esso divenne segno dell'unità della Chiesa che vuole radunare attorno a sé tutti i discepoli di Gesù sparsi nel mondo, anche nel segno visibile di un unico edificio-chiesa, un segno della Casa del Padre.
Nel vangelo che si proclama in questa occasione Gesù contesta un idea di tempio che facilmente diventa luogo per un culto fasullo, feticista e utilitarista, un modo di pregare senza il suo senso cristiano. Infatti non è in questione il bisogno di un edificio vero e proprio, come il tempio di Gerusalemme. L'edificio è comunque il luogo dove abita il padre: Gesù dice che è casa sua. Ma è la destinazione d'uso che è sbagliata: "ne avete fatto un emporio", un centro commerciale o una botteghetta; lo avete fatto diventare luogo di idoli in vendita e non la casa del Padre che incontra i suoi figli.
La religione di mercato è entrata nel Tempio (forse anche in qualche chiesa?) cambiandone la destinazione per la quale esso era desiderato e costruito e l'idea diabolica che ne deriva è che pagando una prestazione religiosa, una tangentina spirituale, si possa ottenere un servizio o magari si possa sistemare la propria vita nonostante scelte compiute superficialmente.
Tuttavia il gesto energico di Gesù non è contro le persone. Egli sferza il nostro stile di pregare, guastato dalla logica "io ti do-tu mi dai" con la quale oscuriamo il volto di Dio travisando la sua volontà anche misconoscendo la sua chiamata su di noi e sulla nostra vita.
Dunque: un vangelo pasquale, novità assoluta! Il luogo tempio-chiesa cambia destinazione d'uso: diventa luogo che ci impegna e ci ridona dignità e coraggio per riconoscere che ciascuno è tempio di Dio, luogo di preghiera e di incontro con Lui in una novità sempre da creare, in una ristrutturazione continua per assumere la bellezza della vita cristiana, attraverso la propria vocazione. Il signore Gesù sembra guardare oggi ciascuno di noi mentre siamo nel nostro tempio-chiesa parrocchiale e sembra chiederci: "A cosa è destinato il tempio della tua vita, luogo dove si colloca e prende vita il Vangelo?"
Chiediamoci con trepidazione se stiamo realizzando ciò a cui siamo "destinati", perché Santo è il tempio di Dio, che siamo noi (Cf. 1 Cor 3, 17)

Preghiera

Padre onnipotente, preghiamo la tua misericordia:
donaci non solo di ascoltare la tua parola,
ma anche di metterla in pratica.
Distruggi in noi ciò che deve essere distrutto
e vivifica ciò che deve essere vivificato.
Concedici, Padre santo, di credere con il cuore,
di professare con la parola,
di confermare con le opere la tua alleanza con noi.
Così gli uomini, vedendo le nostre opere buone,
glorificheranno te, Padre nostro che sei nei cieli.
Per Gesù Cristo nostro Signore,
al quale spetta la gloria nei secoli dei secoli. Amen.

Origene (185-253)


Il discorso escatologico di Gesù che occupa tutto il capitolo 25 di S. Matteo ci porta a guardare al dono ed alla bellezza della nostra vita a partire dalla sua fine, il compimento della morte, per capirne meglio IL fine, il senso. Accade una cosa simile quando abbiamo in mano il progetto di un edificio, magari con tanto di plastico che ricostruisca in miniatura quello che sarà il risultato a lavoro ultimato.
Guardando al progetto-vita, che ne sarà di te, dei tuoi desideri, di quello che desideri diventare o che speri di raggiungere o realizzare? La parola di Dio ci invita a fare un’ipotesti di vita partendo dalla sua conclusione. Un progetto conforme alla parola di Dio ci porta a considerare quanta bellezza possa racchiudere una vita vissuta alla luce della fede e quanto una vita di amore compassionevole sia capace di contenere del vangelo. Rimarremo certamente stupiti per tutto il bene che (spero) avremo fatto senza farci tanto caso; un bene nascosto dietro ai panni di una vita concreta e quotidiana, sotto ai quali si nascondeva addirittura il Signore stesso, con il suo sguardo su ciascuno di noi, nell’attesa di un nostro gesto di amore, di compassione, di tenerezza o di attenzione. Quel volto nascosto è il volto di Colui che ama, cerca i suoi figli e li chiama per nome continuamente perché ciascuno operi le scelte migliori …per incontrarlo.

Scrive San Paolo agli Efesini: ”Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amati, da morti che eravamo per i peccati, ci ha fatti rivivere con Cristo: per grazia infatti siete stati salvati. Con lui ci ha anche risuscitati e ci ha fatti sedere nei cieli, in Cristo Gesù, (…). Per questa grazia infatti siete salvi mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene. Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone che Dio ha predisposto perché noi le praticassimo”. (Cf Ef 2, 4-10) …E’ bello pensare che cercando il volto del Signore, la sua parola, ascoltando la sua voce, siamo condotti a fare quel bene che altrimenti, da soli, non avremmo ne la voglia né la forza di compiere. D’altro canto un atto di carità non cade nei ritmi della nostra programmazione quasi fosse qualcosa di inevitabile o, al contrario, di totalmente previsto. Non puoi stabilire in anticipo sull’agenda tutte le occasioni di amore fraterno, anzi a volte tali situazioni ci colgono proprio di sorpresa… senza contare quelle di cui nemmeno ci accorgiamo. Dell’amore al prossimo, è il prossimo che dà gli “orari” e i “tempi”, è il prossimo che ne ha il controllo e che porta a realizzare il progetto. Così la misericordia di Dio, grande designer di personalità riuscite e belle, ci viene incontro e ci chiama a fare cose straordinarie nell’ordinarietà del quotidiano. Noi possiamo solo dire di sì. Non è poco, ma se il prossimo nasconde il volto del Signore, quanto grande sarà ogni piccolo sì!?


Preghiera

Mi inginocchio davanti a te, o Padre;
a te, da cui prende nome
ogni paternità nei cieli e sulla terra.

Fa’ abitare Gesù nel mio cuore
per mezzo della fede;
rendimi saldamente radicato
e stabilmente fondato nell’amore.

Grazie, Padre:
con la grazia del tuo Spirito
tu già agisci in me con potenza
e mi doni molto più di quanto possa
domandare o pensare.



“Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze. Questi precetti che oggi ti dò, ti stiano fissi nel cuore; li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando sarai seduto in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai. Te li legherai alla mano come un segno, ti saranno come un pendaglio tra gli occhi e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte”. (Dt 6, 4-9)

L’esperto della Legge chiede a Gesù quale sia il fulcro, la parola “chiave di volta” sulla quale poggia, e senza la quale crolla, tutta l’esperienza di fede dei credenti in Dio. In altre parole, cosa sostiene le mie scelte da credente in modo da rendere preziosa, unica e bella per me, ma anche agli occhi di Dio e degli altri, la mia vita?
Abbiamo spesso bisogno di qualche sintesi efficace, di qualche riassunto che ci semplifichi la ricerca e ci faccia risparmiare tempo e fatica.
L’espressione che Gesù ci consegna, però, non è una semplificazione o una intuizione che superi parole bibliche polverose e stantie. Riprende piuttosto quella che era la preghiera quotidiana degli ebrei, mostrando che essa raccoglie proprio le caratteristiche essenziali senza le quali nessuno può dire di aver costruito una vita felice: è l’amore per Dio.
Si tratta di un promemoria giornaliero, una specie di matrice di atteggiamenti, pensieri e scelte, che ci fa agire da credenti. Sembra un’esagerazione, ma è l’esagerazione dell’amore ben espressa in quella ripetizione ritmica: “tutto-il-tuo…, tutto-il-tuo…, tutto-il-tuo…” che pare un cuore che batte!
La parola del Deuteronomio, a cui Gesù fa riferimento, parla infatti di un amore per Dio che dona vitalità alla vita familiare e affettiva, quando si è a casa o in viaggio, mentre si dialoga con gli altri, al mattino appena svegli e alla sera prima di addormentarsi. Il Signore poi la completa con un altro versetto dal libro del Levitico a sottolineare come la relazione con Dio e con gli altri sia ciò che cementifica scelte costruttive e solide. Questa Parola di Dio, pregata, ci accompagna lì dove siamo e ci ricorda che siamo chiamati ogni giorno ad essere persone amate, che rispondono all’amore di Dio con il dono di tutto noi stessi. Certo, “che l’amore sia tutto è tutto quello che sappiamo dell’amore” (E. Dickinson), ma vogliamo finalmente costruire “fissati” all’Amore per Dio?


Fa' che ti amiamo e ci amiamo

Padre, sia fatta la tua volontà, affinché ti amiamo
con tutto il cuore sempre pensando a te;
con tutta l'anima, sempre desiderando te;
con tutta la mente,orientando a te ogni nostra intenzione;
con tutte le forze, spendendo ogni nostra energia dell'anima e del corpo
a servizio del tuo amore e non per altro.
Donaci, o Padre,
di amare il prossimo come noi stessi,
cercando di condurre tutti al tuo amore,
godendo dei beni altrui come dei nostri,
aiutando gli altri a sopportare i mali
e non recando offesa a nessuno.

San Francesco d'Assisi (1182-1226)

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