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Prima lettura: At 1,1–11

     “Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?” I discepoli chiedono al Risorto se finalmente sia venuta la fine del tempo. Se finalmente cioè sia venuto un tempo nel quale non rimanga più nulla da attendere e da sperare. Il Regno di Dio infatti è anche questo: un tempo nel quale ogni attesa dell’uomo risulti compiuta. Le parole dei discepoli danno figura concreta a quella stessa domanda che – forse con parole un po’ diverse – abita anche i nostri cuori: “Signore, sei veramente tu Colui che il nostro cuore attende o dobbiamo aspettare ancora? Che cos’è che cerchiamo, quasi a tentoni e a volte inconsapevoli, quando ogni domenica veniamo in Chiesa? Cosa speriamo di sentirci dire dalla tua Parola e cosa cerchiamo davvero accostandoci all’Eucaristia?”
     Il Risorto rispose: “Non spetta a voi conoscere tempi e momenti… ma riceverete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni”. Gesù sembra dire ai suoi discepoli: “non preoccupatevi che cosa ne sarà del tempo della vostra vita: esso è destinato a diventare tempo eterno. Ma affinché ciò avvenga, affinché cioè la vostra vita conosca il riposo del cuore, è necessario che voi viviate il vostro tempo come pieno della mia Presenza, mosso dalla Speranza, pieno del mio Santo Spirito, pieno della vostra testimonianza di me a tutti gli uomini”.
     Nella sua ascensione al cielo, il Signore Gesù non scappa dalla terra, lasciando i suoi discepoli soli e abbandonati a se stessi, ma entra nel presente eterno e immobile di Dio. Esce dal tempo della storia per entrare nel tempo eterno della sua relazione con il Padre e portando con sé l’oggi di ogni persona e di tutta l’umanità, affinché ogni cosa riposi e sia custodita dal segreto dell’amore eterno di Dio. Solo così ogni esistenza umana si compirà in una vita riempita e l’attesa dell’uomo conoscerà finalmente il suo gioioso e vero compimento.
Solo da questo mistero – apparentemente così lontano, ma in realtà così vicino – attinge il suo senso più vero la scelta di un giovane desideroso oggi di consacrare a Dio la sua vita, tutta intera. Si tratta infatti per lui di “uscire” dal tempo, per restare dentro questo mondo, ma “agganciato” all’eternità dell’amore di Dio, per vivere un’esperienza che può apparire ai più “fuori del mondo”. E proprio perché “fuori”, capace di condividere dal di dentro “le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono” (GS 1), per riportarle con la sua stessa vita al riposo eterno. Questa è il “bel miracolo” che salverà il mondo.


Esulti di santa gioia la tua Chiesa, o Padre,
per il mistero che celebra in questa liturgia di lode,
poiché nel tuo Figlio asceso al cielo
la nostra umanità è innalzata accanto a te,
e noi, membra del tuo corpo,
viviamo nella speranza di raggiungere Cristo,
nostro Capo, nella gloria. Amen.

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