Mc 13, 24-32
“Non ci sono più le mezze stagioni”. “Eh, si stava meglio quando si stava peggio”. “Il mondo si è capovolto, signori miei!”. “Ah, ai nostri tempi certe cose non succedevano”. “Eh, inutile. Di male in peggio!”. “Che disastro!”. “Siamo prossimi alla fine!”.
Vi capita mai di sentire frasi simili? Sono tra le più qualunquiste che esistano, e soprattutto chi le dice ha solitamente disegnata sulla faccia una smorfia di pessimismo imperante, che non lascia spazio a nessun dubbio: il mondo è andato, ormai ci resta il peggio e poi sarà tutto finito.
Gesù sembra quasi mettersi sulla stessa linea d’onda: sole che si spegne, luna intermittente, stelle che cadono. Sì, anche gli astri, che il Creatore aveva appeso al soffitto del Cielo nei primi giorni della storia, verranno tolti e riposti da parte. Per la semplice ragione che non serviranno più.
Eppure nel parlare di Gesù non c’è nessun tono pessimista, pauroso o angosciato, anzi. Sembra che dica: state tranquilli, perché quando questo mondo sparirà, con tutte le sue cose belle o brutte, ci sarà ancora una speranza.
Tutto passa, ma dopotutto, cosa resta? Resta una parola, resta la Parola, quella vera capace di dare esistenza e rinnovare le cose. Il cielo e la terra passeranno, ma le parole di Gesù non passeranno.
“Vuoi vivere sul serio, oggi e anche domani? – ci propone. Allora aggrappa la tua vita alle mie parole, se non vuoi restare in balia di ciò che è troppo provvisorio e destinato a consumarsi”. Aggrappati a queste parole che non scompaiono, perché tutto quello che qui vivrai ascoltando le mie parole è messo da parte e “salvato con nome” nell’eternità.
Dio ci salvi dalle lamentele qualunquiste e dia ad ogni parola una sfumatura di speranza. Dopotutto, resta Lui.
Nel silenzio della sera, io ti cerco, mio Signore;
il tuo volto mi consola, vedo in te l’immensità.
Al tuo fianco io cammino, tu mi guidi nella vita,
se il tuo braccio mi sostiene nella luce giungerò.
(R. Padoin)
Dopotutto, cosa resta?