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20190714 XV T.O. C

Lc 10,25-37

Oso parole che mi danno le vertigini e sento la gioia rischiosa di essere discepolo del Signore. E mi pongo una domanda che vorrei fosse di tutti coloro che leggono.

Che ne direste se quell’uomo lasciato mezzo morto dai briganti fosse un giovane tradito dalle aspettative nella vita, avventuriero senza mèta o cercatore di senso inevitabilmente solitario; se fosse un giovane prosciugato della sua umanità, della sua idealità e dei suoi slanci “freschi” da una cultura sedicente adulta, avida di svuotare di senso e di risorse intellettuali e morali chi si affacci alla vita, agli affetti, al lavoro? Se fosse uno derubato e lasciato vivo fuori, un ottimo consumatore, ma morto dentro, uomo o donna a metà?

Essere prossimo a qualcuno significa mettersi nei suoi panni, o meglio, metterlo almeno per un poco nei nostri, aiutarlo a rivestirsi di dignità, della sua bellezza. Essere prossimo di un giovane che non sa vivere la vita come dono, se donarsi e per chi, significa riconoscerne la sfida continua, la lotta che lascia traumi, ferite che lasciano riservata la prognosi della gioia. I due denari sono un segno di quel sostegno del cammino che chi si fa prossimo può manifestare, prendendosi cura della vita dell’altro per una rinascita, per una scoperta del proprio posto prezioso.

Quanti di noi, Chiesa adulta, siamo disposti ad accompagnare, stando accanto nelle notti del silenzio e del dolore delle scelte non scelte? La prossimità è davvero un atteggiamento necessario per suscitare vocazioni da vite giovani che troppo spesso sono scelte che seguono solo attitudini professionali o del fare ciò che voglio. Per una vita costruita solo sul mio punto di vista, ogni tornante sarà insidioso.

Perché non puntare ad essere come samaritani, adulti stranieri-per-sempre di quella giovinezza che ci chiede testimonianze, sostegno vero e liberante, immagini e volti di persone che hanno scelto di servire e di amare con scelte, con risposte vocazionali, con quei piccoli grandi “sì” che costruiscono pezzo su pezzo una consacrazione religiosa, un matrimonio-sacramento, un essere prete per sempre nonostante tutto.

Un uomo scendeva… si allontanava da Gerusalemme, luogo del culto e delle garanzie di una fede legale ma non ancora piantata nel cuore. Scendeva, forse fuggiva da immagini stereotipe di vita e di vocazione, forse non pregava più.

Se diventassimo buoni samaritani della vocazione, della chiamata che Dio rivolge a ciascuno. Se in quelle notti del dubbio, del blocco parlassimo delle nostre scelte, del perché seguiamo il Vangelo. Se prestassimo i nostri panni di uomini e donne che hanno scelto Cristo ed hanno scelto di farsi prossimi per non restare anche noi mezzi vivi e mezzi morti?
 
O Signore Gesù, buon Samaritano dell'umanità,
donaci di sperimentare con umiltà e riconoscenza
il tuo farti prossimo alle nostre ferite e povertà.
Fa' che l'esperienza consolante e gioiosa di sentirci amati per quello che siamo
e guariti dal tuo amore fedele e misericordioso apra i nostri cuori
e renda capaci, anche noi, "farci prossimo" ai nostri fratelli e sorelle feriti o bisognosi.
Donaci occhi e cuore simili ai tuoi,
in grado di vedere e di provare compassione,
uscendo dalla nostra indifferenza, dai nostri pregiudizi e dalle nostre paure.
Fa' che ciascuno di noi e tutta la nostra Chiesa
ci sentiamo spinti ad accogliere il tuo appello: "Va', e anche tu fa' lo stesso".

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