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20191110 XXXII Tempo Ordinario C

 

Lc 20,27-38

Ai sadducei che pensano di riprodurre nell’aldilà le situazioni e i problemi che caratterizzano la vita terrena, Gesù annuncia un Dio che è Signore e garante di una vita cha ha avuto un inizio, ma non avrà fine. Chi, in Cristo risorto, sta presso Dio è vivo, e non potrebbe essere altrimenti. Se un rapporto vogliamo cercare, e dobbiamo farlo, tra quanto viviamo ora e quanto attendiamo nell’eternità, dobbiamo pensarlo non nel senso di una stanca ripetizione, ma del compimento.

Quelli che risorgono sono uguali agli angeli, dice Gesù: forse perché non hanno corpo? No, la nostra fede ci fa dire credo nella risurrezione della carne. In realtà, gli angeli contemplano Dio faccia a faccia: nella nostra condizione definitiva, potremo godere della visione di Dio, e siccome il vedere è legato al conoscere nell’amore, finalmente saremo capaci di amare pienamente, per sempre. 

Se la risurrezione non annulla il corpo, significa che la nostra umanità e i nostri affetti non vengono cancellati: Dio non fa morire nulla di noi, ma lo trasforma perché raggiunga quel compimento per il quale siamo stati creati. 

Dice ancora Gesù: Tutti vivono per lui (per Dio), cioè vivono perché sono suoi, gli appartengono. 

In un chiamato a diventare prete questa appartenenza è particolarmente evidente. Se Dio lo ha scelto per un ministero così importante è per un amore che sa di predilezione: non è chiamato a diventare un angelo, cioè una persona asessuata, che cancella (e come potrebbe?) la sua corporeità, ma a riporre in Dio tutte le potenzialità di amore racchiuse nella propria sessualità, percorrendo un cammino di compimento del suo essere uomo, dei suoi sentimenti, pulsioni, desideri. 

Questo è possibile per chi è chiamato e risponde con amore un sì che è per la vita.

Qualunque sia la mia età ti seguirò,
come gli operai che tu andavi a chiamare sulla piazza,
a tutte le ore, perché lavorassero nel tuo campo.
Ti seguirò anche se il mondo non capisce
e qualche volta disprezza
chi si dona completamente a te.
Ti seguirò per compiere l’opera
che tu hai incominciato
e che vuoi che noi, tue membra, portiamo a termine.
Ti seguirò con la prontezza di Pietro e di Andrea,
di Giacomo e di Giovanni che,
lasciate le reti e il loro padre,
si votarono irrevocabilmente a Te e alla tua opera.
Ti seguirò e non chiederò altro premio che Te
e il tuo amore, o mio Dio. Amen.

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